10 novembre 2007

Il gregge dell'Appia Antica

Passeggiata romana
Nove novembre 2007. Terminati i lavori più importanti, verso le 17.00, decido di portare a riparare la telecamera che ha problemi nell’apparato elettrico. Destinazione Eur, via di Tor Marancia. Prima, qualche foto alle piante, poi il solito saluto a Sosa, Susa, Susino e Susina, sempre in guardia sull’antenna Tv dell’edificio Anas.

Siamo in piena “Estate di San Martino”, anche se il freddo si fa via via sempre più pungente. Le nuvole coprono il sole e non promettono nulla di buono.
Il solito traffico del venerdì, aggravato dallo sciopero dei mezzi pubblici. Ma Roma è abituata al suo quotidiano Calvario di fumo e lamiere.
Nei pressi di via Appia Antica, percorrendo via di Torricola, sono costretto a scendere dalla macchina. La strada è invasa da un gregge di pecore.






E’ la transumanza d’autunno che prepara gli ovini a svernare in pianura. L’avvistamento di greggi, negli ultimi anni, a Roma è diventato sempre più raro. Venti, trent’anni fa, tutta la zona dell’Appia Antica era tutto un fermento di “bastimenti vaganti di lana”.


Un’occasione da non perdere: c’erano tutti gli elementi per immortalare l’avvenimento: il pastore, i cani, il gregge, gli agnelli, una splendida Appia Antica con il suo inimitabile lastricato di grandi selci, il basolato romano, le sue macère, cioè i muretti a secco posizionati su ambo i lati della strada che dividevano la proprietà privata da quella demaniale e i resti delle ville, dei casali e dei sepolcri. L’Appia Antica collegava Roma a Brindisi ed era chiamata regina viarum. Lungo il percorso “cittadino”, si trovano il Sepolcro degli Scipioni, la Porta San Sebastiano, il Sepolcro di Geta, la Chiesa del Domine Quo Vadis, la tomba di Priscilla, le Catacombe di San Callisto, le catacombe e la basilica di San Sebastiano, le catacombe di Santa Domitilla, la residenza imperiale di Massenzio, il Mausoleo di Cecilia Metella, il Castro Caetani, la chiesa di San Nicola, la torre di Capo di bove, il Basolato romano, i Tumuli degli Orazi e dei Curiazi, la Villa dei Quintili, Casal Rotondo e il sepolcro di Hilarus Fuscus.

Ai lati della strada si possono osservare, ma solo chi ha desiderio di vedere, oltre agli imponenti pini (pinus), il lauro (laurus nobilis), l’albero sacro ad Apollo, simbolo della vittoria e della poesia, la ginestra (Spartium junceum) oro vegetale e simbolo del Sole, il fico (ficus carica), albero della fecondità e della conoscenza, il biancospino (Crataegus monogyna, l’Albaspina è l’albero dedicato alla dea Maia, regina del mese di maggio, il mese delle purificazioni, e legata alla virtù della castità, il corbezzolo (arbutus unedo), che respingeva le streghe e, intrecciato nel letto funebre, era augurio di immortalità, il leccio (Quercus ilex), albero dalla fama sinistra, consultato per oracoli funesti, il mirto (Mirtus communis), arbusto della fecondità e della femminilità, che intrecciato in corone e ghirlande era indossato dalle spose, l’olmo (Ulmus minor), simbolo della Longevità, può giungere fino ai 500 anni di vita, il rosmarino (Rosmarinus officinalis), pianta dalle proprietà magiche e sacrali, il cui nome latino, "rugiada marina", si riferisce al colore celeste dei fiori e, infine, il “nostro” sambuco (Sambucus nigra), albero dalle proprietà divinatorie e raccomandato da Ippocrate per le virtù terapeutiche, era nelle tradizioni nordiche il rifugio degli Elfi.

le fotografie sono di ©romassv (robertomauriziostampascuolaevita)

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