21 ottobre 2007

Imbrattatori

Imbrattatori

Con questo Post Iniziamo una campagna contro gli imbrattatori.

Gli italiani, sempre poco attenti alle “piccole cose” della natura, come abbiamo visto nei Post sulle cornacchie, sono anche distratti sul panorama “artistico” che li circonda. Non si accorgono, ad esempio, della sporcizia dei cosiddetti graffiti, dei murales, dell’art crimes, in altre parole, gli orrendi disegni sul muro (e non solo) che sempre di più inondano le nostre città, i paesi e, addirittura, i villaggi.
Non stiamo parlando dei murales artistici come quelli di Orgosolo, o di “pittori” come il tedesco Mirko Daim Reissler, l'inglese Banksy, i francesi 123 Klan, lo spagnolo La Mano, l'olandese Neck, l'italiano Eron.
Ma di pure e semplici vandali che imbrattano e basta. Non ci riferiamo nemmeno alle scritte “Abbasso la squadra”, “Amo sofia”, “Francesco sei bono...".

Ma a quelle strane scritte che inondano l'ambiente (vedere le foto di roberto maurizio).



La maggior parte degli imbrattatori si giustifica nascondendosi sotto una famosa frase di Federico Fellini: “non voglio dimostrare nulla, voglio solo mostrare”. Ma era Fellini!
Sicuramente, l’arte va sempre aiutata e finanziata decorosamente. Ma, chiamare artista chi si diverte a sporcare un muro che non è suo o che viene autorizzato a sporcare ambienti che appartengono alla comunità (vedere il muro di cinta degli studi di Cinecittà, che per “abbellirlo” sono stati chiamati i migliori imbrattatori di Roma – ma il tempo è galantuomo – adesso si stanno scolorendo) è troppo. Vedere un monumento, un autobus, una saracinesca di un negozio imbrattati da segni incomprensibili per la quasi totalità dei cittadini, è veramente vergognoso. Inoltre, non c’è una diretta televisiva sulla strada che non rechi i segni dei “bombolettari”. Sono peggiori di “Paolini”!




Ma, questi “sgorbi”:
1. Chi li ha fatti? (Who)
2. Cosa rappresentano? (What)
3. Quando sono stati fatti? (When)
4. Dove sono stati fatti? (Where)
5. Perché sono stati fatti? (Why)

Le famose cinque domande fondamentali per il giornalismo (Who, What, When, Where, Why) servono a capire un po’ questo grande “movimento” che ha dimensioni globali.

Breve storia del Writing

Kilroy was here
Foto di repertorio

Il Writing nasce a Philadelphia negli anni ’60. Prima di allora, venne utilizzato dai soldati alleati nel corso della Seconda Guerra mondiale, quando disegnavano sulle pareti degli scarabocchi (Kilroy was here).

Si sviluppa a New York negli anni settanta fino a raggiungere una prima maturità stilistica a metà degli anni ottanta. I writers scrivevano negli anni settanta le loro firme sui muri, che diventavano sempre più grandi con enormi contorni (outline). Le loro firme (Tag, nomignoli scelti come firma per i graffiti) aveva bisogno di molto spray (due o più bombolette). Iniziarono le prime repressioni e le campagne contro il writing. Le carrozze della metro vengono pulite e lavate, si mettono taglie sui writers, si recintano i depositi della metro (luoghi preferiti per l'azione) e si piazzano pattuglie cinofile lungo le recinzioni. Nonostante ciò tra writers c'era una continua sfida, che portò all'evoluzione ed al miglioramento qualitativo del fenomeno, che prese ad ampliarsi. Alcuni writers inventarono nuovi stili (come loop o nuvole) o perfezionarono quelli già esistenti, aggiungendo sfondi, grazie di provenienza tipografia, personaggi di cartoni animati (puppets) e forme prese dalla segnaletica stradale o dalla logotipia. I pezzi si ingrandirono top-to-bottom wholecar, diventando più elaborati e colorati Wild Style che è lo stile più evoluto e complesso: ha come fondamento lettere (come del resto tutti i pezzi) combinate, legate, sviluppate e attaccate tra loro in modo da sembrare delle "macchie" di colore dove (per i neofiti) è difficile ritrovare le lettere di partenza. Nei primi anni ottanta, anche grazie alla realizzazione di Style Wars (documentario sui graffiti della metropolita newyorkese) e del film Wild Style, il fenomeno graffiti si diffuse su scala mondiale, trovando in Europa un fertile terreno. Le città europee che meglio recepirono gli input provenienti da New York furono Amsterdam e Parigi, a seguire presero a svilupparsi le scene in Germania, Spagna e Svezia. Una dura repressione rese invece abbastanza taciturna la scena inglese. Dagli anni ottanta ad oggi il fenomeno si è sviluppato grazie alla diffusione di riviste specializzate, video convention e ai frequenti viaggi di molti writers per le città europee e americane. In Italia, le città maggiormente interessate dai graffiti sono Roma, Napoli, Milano, Pesaro, Bologna e Bari.

ARTE O VANDALISMO?


Il confine fra arte e vandalismo e tra fascino e illegalità è piuttosto netto: un’opera d’arte è quella è universalmente riconosciuta. I suoi contenuti “illuminano” il pubblico, che è capace di interpretare correttamente gli stilemi ed i concetti proposti. La differenza tra atti di vandalismo e il "writing" è da ricercarsi nelle motivazioni che spingono a dipingere. L'intero fenomeno del writing arriva con tale impatto allo spettatore da non poter esser frainteso: basti pensare all'evidenza delle allusioni, spesso politiche e di protesta sociale, di una sua nuova derivazione quale può esser lo stencil-graffiti. Il senso espressivo dovrebbe comunque esser evidente a chiunque: dietro alle forme ed all'evoluzione delle lettere c'è un lungo studio, fatto di bozze preparatorie ed ispirazioni all'arte classica, come prevede il lavoro in studio di un qualsiasi artista canonico.

LA PATENTE DI IMBRATTATORE


1. Chi sono? Si chiamano sucker, poser, scarsi, scrausi, estimatori, rimastini che producono tag o al massimo throw ups;
2. Cosa rappresentano? Niente, se non la loro firma, cioè il loro tag sempre più elaborato al fine di promuovere il loro nome;
3. Quando vengono realizzati?Non si sa. A volte sotto gli occhi indifferenti di tutti, molto spesso di notte;
4. Dove? Mai a casa loro.
5. Perché? Esibizionismo esasperato.


Il clochard che dorme, alle ore 13.00, a Roma, nei pressi del Colosseo, ha una "cordicella" che esce da una tasca di pelle che si snoda come la firma di un "sucker"

CONCLUSIONE

La maggior parte di questi “capolavori” (simili a quelli che vi proponiamo) sono stati definiti nel 1999 da Phase II in articolo di Aelle, rivista specializzata del movimento aeosol art, throw-up.

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