15 ottobre 2007

Fao, 16 ottobre 2007

GIORNATA MONDIALE DELL'ALIMENTAZIONE

16 OTTOBRE 2007


Si terrà a Roma e in tutte le capitali del Mondo, il 16 ottobre 2007, la "Giornata mondiale dell'alimentazione". Per sollecitare l'opinione pubblica ad interessarsi del grande avvenimento di portata mondiale, pubblico, qui di seguito, l'intervista che il Direttore generale della Fao, Edouard Saouma, diede alla rivista "Cooperazione" del Ministero degli Affari esteri italiano, gennaio-aprile 1983, n° 30-31.

La bandiere dell'Onu, sventola sulla Fao
Foto ©roberto maurizio

VERSO
L'AUTOSUFFICIENZA
AGROALIMENTARE

INTERVISTA A EDOUARD SAOUMA

a cura di Roberto Maurizio


Qual è il ruolo attuale della Fao nella lotta contro la fame nel mondo?

La Fao, come dice il preambolo del nostro atto costitutivo, è un'organizzazione mondiale alla quale aderiscono 152 paesi, impegnati ad «elevare il livello nutritivo e le condizioni di vita delle popolazioni poste sotto le rispettive giurisdizioni; migliorare la produzione e l'efficace suddivisione di tutti i prodotti alimentari ed agricoli; migliorare le condizioni di vita delle popolazioni rurali per contribuire, in questo modo, all'espansione dell'economia mondiale e liberare l'umanità dal flagello della fame». La Fao, dunque, è una specie di vertice di tutti i ministri dell'agricoltura. La sua conferenza mondiale, rappresenta un forum unico al mondo, nel quale si incontrano circa un centinaio di ministri, per trattare i problemi del settore agricolo ed alimentare, fondamentali per lo sviluppo economico e sociale. La Fao elabora anche risoluzioni e raccomandazioni ed è un cennro di ricerca, di analisi e di documentazione; e, infine, la maggiore agenzia operativa del sistema delle Nazioni Unite nel campo dell'investimento multilaterale e della cooperazione tecnica. Per il biennio 1982-83, il nostro programma ordinario, al quale contribuiscono tutti gli Stati membri sotto forma di quote, ammonta a 366 milioni di dollari. Tuttavia, abbiamo a disposizione fondi ben più importanti, e cioè i fondi fuori bilancio. Così, per lo stesso biennio, si fa riferimento a fondi per 683 milioni di dollari, destinati a progetti sul campo. D'altro canto, diversi altri miliardi di dollari, grazie all'azione della Fao, saranno investiti in progetti di sviluppo agricolo. In effetti, il nostro Centro d'investimento contribuisce alla preparazione e alla formulazione di progetti destinati ad essere finanziati dalla Banca mondiale, dal Fondo internazionale di sviluppo agricolo e da altre istituzioni finanziarie. La Fao è inoltre corresponsabile, insieme alle Nazioni Unite, delle attività del Programma alimentare mondiale (Pam), che fornisce ai paesi più poveri un aiuto alimentare destinato sia a contribuire al loro sviluppo, sia a fronteggiare situazioni di emergenza. Il Direttore generale della Fao è responsabile dell'assegnazione dell'aiuto d'emergenza. Dal mese di gennaio a dicembre 1982 ho approvato 54 operazioni urgenti, per un costo complessivo di 165 milioni di dollari. La nostra area di competenza copre quindi tutti gli aspetti relativi all'agricoltura, alla pesca, alle foreste, allo sviluppo rurale ed all'alimentazione.
Desidero tuttavia precisare che il ruolo della Fao è in continua evoluzione, in funzione dei bisogni dei paesi membri e delle esigenze della situazione alimentare mondiale. La crisi alimentare mondiale del 1973-74 ha rappresentato una svolta significativa e, nell'assumere le mie funzioni al vertice della Fao nel gennaio 1976, ho deciso, in accordo con i paesi membri, di orientare le attività dell'organizzazione in modo tale da privilegiare la sua azione sul campo e restringere, conseguentemente, il suo ruolo accademico, sempre entro limiti ragionevoli. A questo scopo, ho fatto sopprimere numerose riunioni e pubblicazioni, per reperire le risorse necessarie alla realizzazione di una riforma i cui principali risultati sono stati: la creazione di un programma di cooperazione tecnica; una vasta impresa di decentramento, che ha portato alla progressiva apertura di uffici della Fao nei paesi in via di sviluppo; il rafforzamento e la crescita delle attività del nostro centro d'investimento e, infine, la crescita costante del volume dei progetti finanziati da contributi volontari. Proseguiamo oggi, con tenacia, sulla via intrapresa nel 1976.


Il palazzo della Fao, Roma
foto
©robertomaurizio

Come giudica l'azione italiana contro la fame nel mondo?

Esemplare. L'azione decisa dal Governo italiano in favore della zona del Sahel è, in effetti, il miglior esempio di cooperazione internazionale per lo sviluppo agricolo. Questo accordo, frutto di una stretta collaborazione tra il Governo italiano e la Fao, ha il merito di associare il generoso finanziamento di un paese donatore (700 miliardi di lire) alla perizia e all'esperienza della Fao, per giungere ad un aiuto concordato per un periodo da cinque a sei anni, in una delle regioni del mondo che ne ha maggiormente bisogno. Esemplare, inoltre, perché la crisi economica mondiale induce la maggior parte dei paesi del mondo sviluppato a ripiegarsi in modo egoistico al loro interno, in attesa di situazioni più favorevoli. Esemplare, infine, per l'approccio concreto e pragmatico ai problemi da risolvere con i responsabili e la popolazione dei paesi del Sahel. Missioni congiunte Fao-ltalia sono già sul luogo in Mali e in Niger, per valutare ed identificare con maggiore precisione i progetti che saranno finanziati dall'Italia. Un accordo per più di 42 milioni di dollari è già stato concluso tra l'Italia e l'Alto Volta per l'insediamento di circa 150 villaggi in una regione recentemente oggetto di un processo di ammodernamento. Questa iniziativa del Governo italiano è stata senza dubbio stimolata dalla generosità e dallo spirito di solidarietà eccezionali espressi dal popolo italiano. Già da alcuni anni, il dibattito sulla fame nel mondo è molto vivo nell'opinione pubblica: il Parlamento, gli organi d'informazione, numerosi partiti politici e associazioni se ne sono impossessati, creando un clima favorevole a questa impresa.

Le forti oscillazioni dei prezzi dei cereali continuano a danneggia­re lo sviluppo dei paesi emergenti. Il raggiungimento di un'intesa mondiale sull'Accordo internazionale per il grano potrebbe contribuire a migliorare le condizioni dei paesi più poveri del Terzo mondo. Quali sono, secondo lei, le previsioni più attendibili per l'immediato futuro in questo campo?

È giusto sottolineare che un nuovo accordo internazionale sui cereali potrebbe contribuire ad assicurare una migliore protezione dei paesi in via di sviluppo contro le variazioni dei prezzi mondiali. Ma solo a certe condizioni. Prima di tutto, bisognerebbe che il meccanismo realizzato funzionasse realmente; i recenti fallimenti degli accordi su prodotti come lo zucchero e il cacao indicano le difficoltà riscontrate nella preparazione di schemi efficaci di stabilizzazione dei prezzi dei prodotti. Evidentemente, proseguiremo i nostri sforzi per giungere ad individuare nuove procedure di regolamentazione dei prezzi. Tuttavia - e a mio avviso si tratta di un punto importante - bisognerà tenere conto nell'elaborazione di qualsiasi nuovo accordo internazionale sui cereali, delle difficoltà interne dei paesi a reddito basso e con carenza alimentare.
Tuttavia, temo soprattutto che le condizioni per la ripresa di tali negoziati non siano presenti, nella misura in cui i principali esportatori di cereali (Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina) non sembrano intenzionati ad accettare una regolamentazione del mercato. Ci troviamo quindi in una totale impasse. Purtroppo, anche se me ne rammarico, non vedo nell'immediato prospettive di ripresa di questi negoziati, né mi sembra che ci siano le condizioni per l'anno prossimo, a meno che una notevole diminuzione dei prezzi su scala mondiale non comporti un radica­le cambiamento di posizione da parte dei principali paesi espor­tatori.
Per questo motivo, ritengo che si debba lavorare in altre direzioni. Ad esempio, su iniziativa della Fao, il Fondo monetario internazionale recentemente predisposto delle «agevolazioni» finanziarie a favore dei paesi in via di sviluppo, consentendo loro, attraverso prestiti speciali a basso tasso d'interesse, di compensare gli effetti degli aumenti di prezzo dei cereali. Lo scorso anno, il Fmi ha stanziato trecento milioni di dollari sotto questo capitolo. Devo tuttavia constatare con amarezza che solo pochissimi paesi in via di sviluppo fanno ricorso a queste agevolazioni.

Tra i punti più qualificanti dell'ordine del giorno della prossima Unctad è stato previsto l'inserimento dei problemi relativi ai prodotti di base (stabilizzazione e rafforzamento dei mercati dei vari prodotti, commercializzazione, trasformazione e distribuzione, finanziamento compensatorio dei deficit da esportazione, eco.). Lei ritiene possibile il raggiungimento di risultati concreti durante lo svolgimento della VI sessione dell'Unctad?

Tali risultati dipenderanno in modo determinante dall'evoluzione della situazione economica mondiale e del commercio internazionale nel corso dei prossimi sei mesi. Mi pare superfluo ricordare gli effetti negativi della crisi mondiale sul comportamento degli Stati: viviamo in un periodo di protezionismo strisciante, talvolta anche ammesso con franchezza; tutti sviluppano azioni di difesa contro il protezionismo, ma contemporaneamente tutti vogliono proteggere la propria industria o la propria agricoltura. Gli aiuti in campo agricolo vengono colpiti per primi dalle restrizioni di bilancio dei paesi sviluppati. A Ginevra, nel corso della riunione del Gatt, del novembre 1982, i ministri responsabili si sono scontrati su problemi inerenti il settore agricolo. Il Pnud è in crisi, come altri organismi internazionali di aiuto: questi elementi non consentono di riporre troppe speranze nella stessa sessione dell'Unctad, che si svolgerà a Belgrado nel giugno 1983. La prima cosa da fare è operare affinchè venga scoraggiato qualsiasi intervento ulteriormente protezionistico in agricoltura, favorendo al contrario una progressiva diminuzione delle barriere doganali, in particolare di quelle che ostacolano pesantemente le esportazioni dei paesi in via di sviluppo.
I paesi produttori ed esportatori di prodotti agricoli dovrebbero avere la possibilità di garantire redditi stabili e remunerativi. Chi conosce l'ineffabile ingegnosità messa in opera per impedire l'accesso ai prodotti del Terzo mondo, può capire il mio scetticismo e la mia prudenza.

Quali sono i rapporti di collaborazione e di coordinamento con le altre organizzazioni internazionali (non solo con il Consiglio mondiale per l'alimentazione, col Programma mondiale per l'alimentazione e con l'Ifad, ma anche con l'Undp, l'Unicef, la Banca mondiale, l'Ida, ecc...)?

La lotta contro la fame e la povertà e per lo sviluppo rurale richiede, necessariamente, la collaborazione di tutte le organizzazione e le istituzioni del sistema delle Nazioni Unite, ed in particolare di quelle da lei citate.
Ho già parlato dei legami particolarmente stretti che ci uniscono al Pam, un organismo sostenuto congiuntamente dalla Segreteria delle Nazioni Unite e dalla Fao. Ho anche detto che l'Undp, la Banca mondiale, l'Ifad ed altre banche di sviluppo regionale finanziano i nostri progetti. È evidente che i nostri rapporti con queste istituzioni non si limitano al solo aspetto finanziario, ma fanno riferimento ad uno spirito di cooperazione e di fiducia reciproca, nonché ad una comune visione dei problemi dello sviluppo e delle strategie da adottare.
Vi sono tuttavia numerosi settori privilegiati in cui la Fao collabo-ra con altre istituzioni, in primo luogo l'intervento in situazioni di emergenza a seguito di catastrofi naturali o conflitti. In Cambogia, ad esempio, équipes del Pam, dell'Unicef, dell'Unhcr, della Cri e della Fao lavorano in stretta intesa. La Fao partecipa poi alle conferenze che trattano argomenti di sua competenza. I più recenti esempi sono la nostra partecipazione alla Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la Conferenza sulla scienza e la tecnica al servizio dello sviluppo, la Conferenza sulle fonti d'energia nuove e rinnovabili, ecc.... Tutto ciò illustra una realtà vissuta nel quotidiano, in seno al sistema delle Nazioni Unite. Benché ogni agenzia abbia un'area di competenza dai contorni precisi e goda di una grande autonomia, tentiamo di giungere ad un approccio globale, integrato e coordinato, ai problemi dello sviluppo. Ognuno contribuisce con la propria pietra alla costruzione di un edificio comune e ben vengano alcune situazioni di concorrenza, che contribuiscono notevolmente a stimolare i reciproci sforzi.

La sfavorevole congiuntura internazionale, purtroppo, negli ultimi tempi ha posto alcune grosse ipoteche sul futuro sviluppo del Terzo mondo. Collegato alle strozzature tipiche del sottosviluppo, è esploso l'indebitamento estero. Qual è il suo giudizio su questo ulteriore problema, che si sta rivelando come un nuovo ostacolo allo sviluppo dei rapporti Nord-Sud? Cosa può fare realisticamente la Fao?

L'indebitamento dei paesi in via di sviluppo supera attualmente i 500 miliardi di dollari e il servizio del loro debito assorbe più di un quinto delle risorse derivanti dalle loro esportazioni. Questo problema non colpisce solamente i paesi interessati, ma l'insieme della comunità internazionale, e in primo luogo, evidentemente, le istituzioni finanziarie mondiali.
Anche se questa questione interessa direttamente la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale, ritengo che la Fao possa svolgere un ruolo importante aiutando i paesi in via di sviluppo ad assicurarsi un'autosufficienza a lungo termine, in altri termini aiutandoli a liberarsi dalla loro dipendenza economica e finanziaria. Questo gravoso compito coinvolge naturalmente l'assistenza tecnica, la formazione di uomini e donne, lo sviluppo della ricerca e degli investimenti in agricoltura, per migliorare, da un lato, la loro produzione agricola, e ridurre, dall'altro, il loro deficit alimentare, che ogni anno comporta un costo di sette miliardi di dollari per i paesi a basso reddito. Per essere efficace, questa azione richiede l'adozione di una politica di sostegno ai prodotti agricoli, sufficiente ad incentivare una maggiore produzione da parte degli agricoltori. Questa crescita dovrebbe in primo luogo riguardare i prodotti destinati all'alimentazione, indispensabili per avvicinarsi all'autosufficienza, senza tuttavia trascurare le colture d'esportazione. Questa questione sarà trattata dalla Fao nei prossimi mesi, proponendo strategie di determinazione di prezzi incentivati per il produttore.

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