31 ottobre 2007

Etica - estetica

Incontri nel Mediterraneo
Etica-Estetica nelle due rive

di Roberto Maurizio

Instituto Cervates


Porta o frontiera?


Ancora il Mediterraneo al centro degli interessi di Roma, la capitale crocevia di questo mare racchiuso tra le terre. E ancora le stesse domande, le stesse perplessità sul tavolo. “Europa del Sud: porta o frontiera”? “Mediterraneo nuovamente veicolo di travaso di popolazioni e culture”? Questi interrogativi, già risuonati in precedenza su queste "pagine", sono stati rilanciati dall’Instituto Cervantes di Roma e dall’Imed (Istituto per il Mediterraneo), con la collaborazionedella Fondazione Tres Culturas e dell’Auditorium Parco della Musica , che hanno organizzato nel 2007 nella città eterna una serie d’incontri sul Mediterraneo. L’altra domanda, al centro dell'attenzione che attende una risposta immediata, visti i tragici sbarchi di gente travolta proprio dalle onde di questo mare, non sempre ospitale, ha assillato gli organizzatori degli “Incontri nel Mediterraneo”: “Assimilazione culturale e rinuncia alla propria identità o valorizzazione delle differenze per costruire insieme la transcultura”? Un martellante dilemma che può essere risolto solo attraverso un’Europa non più oggetto del desiderio, ma spazio veramente aperto alle molteplicità delle voci.

Un particolare della “Mesquida”, Cordova

Il dialogo polifonico

Gli incontri per il Mediterraneo, programmati per l’autunno (30 ottobre, 20 novembre e 18 dicembre), propongono un dialogo polifonico tra le varie "voci" esistenti nel "lago salato": quella italiana accanto alla catalana, l’araba vicino all’ebraica, la siciliana vicina alla giorgiana. Tutto al di fuori degli apriorismi solidaristici e dagli stereotipi razzisti.
“Etica-Estetica nelle due rive” è stato il tema dell’incontro del 30 ottobre 2007, svoltosi a Roma presso l’Auditorium quasi sommerso da un nubifragio di stagione. I coraggiosi e bagnati spettatori hanno assistito alle due parti del meeting con interesse e partecipazione.



Fanny Rubio


Fanny Rubio, Direttrice dell’”Instituto Cervantes” di Roma, ha dato nella prima parte la “voce” a Clara Janés e a Mahmud Sobh, che hanno, più che letto, interpretato alcune loro poesie, e poi, nella seconda, la “parola” ai partecipanti di una specie di talkshow, tutto ben misurato e quadrato nei tempi consentiti dall’Auditorium.


I relatori

Spazi di assoluto


Clara Janés, autrice di romanzi e saggi, ha scritto le sue prime poesie negli Anni Sessanta in un periodo di inquietudine esistenziale, ove enuclea un tema che l’accompagnerà in tutta la sua opera: il desiderio di oltrepassare la materialità e raggiungere spazi di assoluto. Janés viene spesso definita come intensa poetessa dell’amore, che canta in momenti diversi: il desiderio dell’incontro, l’estasi dell’unione, il dolore per l’assenza (Thanatos). Il sentimento amoroso si trasforma in ricerca di una comunione quasi mistica con il cosmo, attraverso la contemplazione delle strutture insite nella materia. Opere in versi e in prosa si arricchiscono poi di riferimenti a motivi della mistica islamica dalla quale riprende il concetto fondamentale dell’erotica sufica: l’amata può vivere solo nell’immaginazione dell’amato. Questa costruzione dell’immaginario è in continua tensione che Janés rappresenta con linguaggi diversi come quello di “corporeità”, legato, fin dalla cultura classica, al tema del “tempus fugit”. Il corpo, in quanto materia che impedisce di andar oltre la temporalità è accettato attraverso immagini mitologiche del Medio Oriente. La sembianza umana si trasfigura nella “corporeità sottile dell’angelo”, potente immagine della mistica islamica che prefigura l’ascesa al paradiso.


Clara Janés

Dalla diciottesima raccolta di poesie, “La indetenible quietud”, ecco un esempio della versatilità della poetessa:


No quiere ser poblado el vacío
pues dejaría de ser,
y así teme la montaña
la concavidad forzada
que devora
su impenetrabilidad,
mas la piedra abre sus venas
y engendra un claustro de sombra,
negro agujero quedo
que todo lo apacigua, (p. 19)

Cuanto la piedra calla
descubre la luz:
su corazón carnal,
terso bocado
para el deseo oculto de la oquedad,
para los labios ávidos del espacio,
el sorbo del infinito, (p. 29)

No hay hilo que descifre
el laberinto del mar,
que no es trayecto el mar;
que esbozo es de lo invisible el mar,
condensaciones, tendencias;
que siempre es pasado el mar
origen, materia madre,
sin forma, sin sombra, el mar;
que es deseo puro el mar,
pura posibilidad, (p. 39)


"cataclismo de la luz":
Paraíso secreto de la noche,
el amor en la sombra se escondía...,
mas el día es un abertal
por cuyas grietas
escapan los colores
que el sol devora,
en tanto se aglutinan bajo el mar
las algas de la vida
y las estrellas que duermen a la espera
del cataclismo de la luz. (p. 45)

Desasosiego del signo.
El viento obliga a la danza,
las hojas secas
dibujan campos cambiantes,
traslaciones y trascabos, dudas.
El aire dilacerado incita hasta al tímido latido,
y el Ser, que no puede dar el salto...
Fluctúan los cielos,
la sombra de una nube
se desliza por el corazón, (p. 61)



Se io fossi pietra

Mahmud Sobh

Il poeta Mahmud Sobh, che fa parte di quella numerosa schiera di intellettuali arabo-spagnoli, nella lettura dei suoi versi ha profuso il ricordo di una terra andalusa moresca. Sobh ha recitato le sue poesie in arabo e spagnolo, ha mostrato tutto l’ardore che esiste ancora nell’identità nella diversità dei musulmani in Europa, dal suo braccio sinistro pendeva una corona dai tanti significati, forse una misbaha o subha.

Elemosina


“Fagli l’elemosina, donna
che non c’è niente nella vita
come il dolore di essere
cieco a Granada”.
(F. A. de Icaza)


Dammi, Granada, le corde della luna.
Dammi la tua neve.
Il mio cuore è in te.
Il tuo cuore è pietra.
E, in te che è triste essere cieco,
com’è triste vederti.
Le mie notti si tendono alla soglia della tua porta.
Il mio sangue rosso è il mattone dei tuoi cortili.
Io sono l’esiliato dei tuoi giardini.
Venni a te damasceno di dolore,
nazareno per la ferita.
Con la stessa voce del tuo poeta.
Venni a darti la mia bocca
e il mio sangue.
Dammi, Granada, la tua neve
e le corde della luna.
Ah, com’è triste essere cieco in te,
com’è triste vederti!
Ah, se tu fossi il mio cuore!
Ah, se io fossi pietra!
(Traduzione: Carla Prestigiacomo)


Il poeta ha recitato i suoi versi anche in arabo.


-------------Cordova: Ibn Rushd (Averroé)---------------

Stato – Mercato, Occidente - Oriente

La “Mesa redonda” è stato il momento politico – filosofico – strategico - culturale dell’incontro. Fanny Rubio e Andrea Amato, Presidente dell’Imed, hanno diretto il dibattito, al quale hanno partecipato Giacomo Marramao, filosofo, Carlos Cornero, deputato europeo e Ramòn Pernas.

Giacomo Marrameo

Come è noto, la ricerca di Giacomo Marramao - sollecitata soprattutto dallo storicismo della scuola fiorentina di Eugenio Garin e dagli sviluppi della Teoria critica francofortese - si è rivolta in una prima fase ad alcuni tratti e momenti salienti della crisi e della revisione del marxismo italiano ed europeo, ponendo al centro lo statuto filosofico del concetto di "praxis". A partire dalla fine degli anni Settanta, la sua riflessione è venuta sempre più raccogliendosi attorno a due centri gravitazionali: la tematica del potere e la questione del tempo. Riguardo al primo aspetto, Marramao ha iniziato a delineare una nuova teoria del potere imperniata (al di là della tradizionale opposizione di analitica ed ermeneutica), su una rigorosa ricostruzione genealogica dei presupposti del "razionalismo occidentale". Per quanto concerne il secondo aspetto, egli ha invece sviluppato, in lavori fortemente caratterizzati sotto il profilo teoretico, una radicale reimpostazione del problema del tempo, che, in polemica con le filosofie bergsoniane o heideggeriane della "temporalità autentica", sottolinea l'inestricabilità del nesso di tempo e spazio.


Durante il suo intervento, il Prof. Marramao, ripercorre le linee tracciate nel suo libro, “Passaggio a Occidente: filosofia e globalizzazione”. Il "mutamento di scala" che accompagna i fenomeni politici della nostra epoca, il ricorso alle categorie di "mondializzazione" o "globalizzazione" non ha solo un significato tecno-economico. Siamo di fronte a un passaggio destinato a trasformare tutte le culture, che chiama in causa una riconversione di concetti fondamentali come identità e differenza, contingenza e necessità, nonché, per cominciare, locale e globale (su questo argomento, vedere il post pubblicato il 29 ottobre 2007 sul Blog "Articoli" di Stampa, Scuola e Vita, http://www.willydanilo.blogspot.com/, "Il vetro sul legno. L'ossimoro glocal"). Per Marramao, dunque, è necessario demistificare due false opposizioni: Stato-mercato e Oriente-Occidente.

Nel corso dell’incontro non si sono evidenziate diversità di vedute. Tutti gli oratori si sono dichiarati a favore delle “tesi” esposte dal Professore.


Andrea Amato


Avanti, verso la rinascita

Il Presidente dell’Imed, Amato, ha sottolineato l’importanza dell’Etica nello sviluppo delle relazioni tra i popoli del Mediterraneo, dal momento che non si può parlare di Logos comune, né tantomeno di Topos. Forse la memoria proveniente dalla storia comune potrebbe unire i popoli, ma da sola non basta. All’Etica occorre aggiungere l’Estetica. Purtroppo, ha concluso Amato, visti interi paesaggi distrutti dall’abusivismo edilizio e non solo, occorre ribadire con forza la necessità di far rinascere un’Etica contro l’immoralità dilagante nel nostro Mare una volta Bianco, cioè quello che sapeva raccogliere tutti i colori dell’arcobaleno.


Carlos Cornero


Ramòn Pernas


L’infanzia della memoria

La serata è stata chiusa con le poesie di Hugo Mujica e con un bis per acclamazione della poetessa Janés.


Hugo Mujica

Una, fra le più belle poesie di Mujica, è stata:


“Una cicatrice d’acqua”

è sempre lo stesso e
è mai,
piove
e la vita si riflette
in ogni goccia
che cade
sulla mano che attende.
poi non rimane niente, o rimane
il cadere:
la nervatura di una goccia
errando
su un vetro
come una cicatrice d’acqua,
come una trasparenza facendo segni
verso un bosco perduto
nell’infanzia della memoria.




Questa poesia potrebbe essere, un po’ realisticamente, il riassunto dell’incontro: la vita (la gente del Mediterraneo) è una goccia (niente di fronte alla madre nuvola) che cade sulla mano, ma svanisce subito nell'aria (impotenza del bosco perduto) e crede di graffiare il vetro (la storia). E' solo l’illusione dei ricordi, l’infanzia della memoria. Purtroppo, per i poeti e per la gente costretta ad emigrare, accanto alla poesia, alla musica, all’Etos, al Logos, al Topos, all’Estetica, esiste anche l'Oikonomia e, in omaggio a Cervantes, il Desarrollo. Senza sviluppo, il Mediterraneo resterà un lago bello da guardare, ma solo da lontano.


Fonte: wikipedia

Tutte le foto, senza fonte, sono di ©roberto maurizio

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